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Emergenza casa, abusivi via Leotta: “Un tetto o è meglio morire”

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“Va bene anche una stanzetta, un posto dove poter stare senza dare fastidio a nessuno”.
Dopo aver sperimentato numerosi sfratti e aver dormito anche per strada, non sanno cosa sarà del loro futuro, perché un tetto proprio non ce l’hanno. Non sono in grado di pagarsi un affitto.

GUARDA LE IMMAGINI

Quella che vi raccontiamo oggi è una storia come tante ma emblematica di una emergenza senza fine, quella relativa alla casa, tra i problemi più spinosi della città di Palermo.
In un palazzo al civico 1 di via Eugenio Leotta, vivono 10 famiglie, 40 persone, tutte parenti tra loro, tutti abusivi. Perché sanno bene che non potrebbero stare dove si trovano, ma dicono di non avere altra soluzione.

E hanno deciso di aprire a BlogSicilia, come vi mostriamo nel video, la porta di casa propria, per chiedere aiuto.

Nel palazzo, che in passato ha ospitato l’Asl, sono arrivati nel febbraio 2009. Andando in giro per la città, avevano notato che gli uffici dello stabile erano stati dismessi, e hanno così pensato di trasferirvisi.
Adesso affrontano ogni giornata nell’angoscia di essere cacciati, di ritrovarsi per strada, come i circa diecimila palermitani inseriti nelle liste dell’emergenza abitativa e in attesa di un alloggio popolare.

Il proprietario del palazzo è deceduto, è arrivato un esecutore testamentario che in qualità di curatore si sta occupando della vendita dell’immobile, ma chi ci vive non sa se c’è già un nuovo proprietario.
Gli avvisi di sgombero notificati sono numerosi, più volte agli abusivi di via Leotta sono stati tagliati gli allacci, naturalmente abusivi, a luce e acqua ma loro sono ancora lì.

“Non sappiamo cosa fare – dice Franco Lo Pinto, il capostipite di questa grande famiglia – io sono invalido al 100% e la pensione che prendo è appena sufficiente a pagare le spese dei farmaci e dell’alimentazione”.

“Non è che non vogliamo pagare – aggiunge la moglie, la signora Francesca – noi un affitto non possiamo proprio permettercelo, anche se sappiamo che il nostro stare qui è giudicato come una prepotenza. Qui siamo tutti disoccupati, molti hanno problemi di salute, i bambini sono tantissimi. L’esecutore testamentario vuole che ce ne andiamo, ed ha ragione, ma in questo palazzo, prima che ci venissimo noi, c’erano solo rifiuti. Noi abbiamo cercato di trasformare questi ambienti in case, investendo qui le scarse risorse di cui disponevamo. Non abbiamo fatto niente di male”.

I peluches sui letti dei bimbi, i quadri alle pareti, i soprammobili, i vasi di fiori. Di queste persone, che una casa hanno dovuto inventarsela, colpisce il decoro e la cura minuziosa dei dettagli.
Ma non sanno dove si ritroveranno a vivere tra un anno o cinque, cosa ne sarà del palazzo in cui abitano.

Cosa accadrebbe se fossero costretti a lasciare l’immobile di via Leotta? Il signor Franco e la moglie non hanno dubbi: “Sarebbe meglio morire, noi non sappiamo dove andare e non vogliamo vivere per strada”.


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